MENIU
Assuefatti da Despacito? Ecco un po’ di buona musica (al femminile) per disintossicarsi
Come difenderci dai tormentoni estivi che ascoltiamo in continuazione alla radio (e ora pure in rete)? Ascoltando buona musica (anche se meno blasonata). Fidatevi, esiste
29 Luglio 2017
Tornerà un altro inverno, cadranno… No, fermi. Siamo in estate, l’inverno teniamolo a debita distanza. Non sono mai stato tra quelli che odiano l’estate. Non lo ero da giovane, lo sono ancora meno adesso che associo l’estate non solo al bel tempo, ma alle ferie. Chiaro, l’estate, per chi fa il mio lavoro, è un periodo strano. Da una parte ci sono i grandi concerti, quelli negli stadi o nelle grandi arene, come il Parco Enzo Ferrari che ha ospitato il Modena Park di Vasco Rossi, quindi buone vibrazioni, dall’altra l’aria si satura dei cosiddetti tormentoni estivi e di quella che, da questo mesto 2017, viene identificata come musica di merda (o demmerda). Sulla genesi di questo genere e della sua nomenclatura intendo in questa sede rivendicare la primogenitura, avendone io parlato in tempi non sospetti a Rtl 102,5 e avendone scritto tempo fa in questa sede, ma è con la canzone Estate demmerda di Salmo, per altro giusta a breve distanza da un articolo ad hoc di Emiliano Colasanti che ogni ulteriore dubbio sul fatto che questa che stiamo vivendo sia un’epoca piena di musica di merda è stato definitivamente fugato.
Potrei stare qui a citare Pamplona di Fabri Fibra e i Thegiornalisti, o la stessa Riccione di questi ultimi. Potrei tirare in ballo il classico, ormai, Rovazzi con Volare o Senza pagare di Fedez e J Ax. Potrei infilare una dietro l’altra L’esercito dei selfie di Arisa e Fragola, Partiti adesso di Giusy Ferreri o Pezzo di me di Levante e Max Gazzè, brano che sulla merda gioca e che in effetti ne ha pieno titolo. Potrei, ma in realtà non voglio niente di tutto questo. Non voglio perché se la musica di merda è musica di merda lo è anche per l’enorme copertura mediatica che questa musica ha.
Di fronte a tanta bruttezza tocca giocare d’anticipo, e mettere in campo una strategia precisa e specifica. Quindi, da una parte ignorare tutto quello che pretende o semplicemente ottiene di essere la colonna sonora della nostra estate. Far proprio finta che non esista, voltarsi e via. Dall’altra controprogrammare musica di qualità e farla coi mezzi che abbiamo a disposizione. Alla guerra come alla guerra.
Eccomi quindi a suggerirvi una serie di lavori da ascoltare come colonna sonora questa estate, nella speranza che dove andrete in vacanza la radio non prenda e anche youtube sia in qualche modo andato a puttane.
Ma siccome suggerire non basta, faccio di più. Questo sarà il mio ultimo articolo, almeno per un po’ di giorni, di settimane. Mi faccio da parte, perché so bene che anche le polemiche e le stroncature finiscono per fare pubblicità alla musica di merda maltrattata e stroncata. Niente di tutto questo. Mi faccio da parte e metto i miei social a disposizione proprio degli artisti che intendo contrapporre alla musica di merda, poi vi dirò come.
«Di fronte a tanta bruttezza tocca giocare d’anticipo, e mettere in campo una strategia precisa e specifica. Quindi, da una parte ignorare tutto quello che pretende o semplicemente ottiene di essere la colonna sonora della nostra estate»
Bella musica, quindi.
Siccome proprio in questi giorni si dibatte di come stia girando tanta bella musica in Italia oggi, intendendo con questa quella che per consuetudine viene indicata come musica indie, e siccome proprio pochi giorni fa è stato lanciato uno speciale a riguardo di Gianni Santoro su Robinson, il settimanale culturale di Repubblica, e siccome ritengo che la musica indie sia in buona parte a pieno titolo musica di merda e che molte delle risposte date dagli artisti intervistati da Santoro spieghino anche perché la loro musica è musica di merda, e siccome, poi chiudo, tutti i nomi citati sono ovviamente nomi di uomini, ho arbitrariamente deciso che per salvarci dalla musica di merda servono donne, e nello specifico cantautrici.
Quindi, mettetevi comodi, e lasciate che la vostra estate 2017 sia accompagnata dalle note della ormai nota (se siete tra i miei lettori abituali) Ilaria Porceddu e del suo Di questo parlo io, grande album incomprensibilmente non baciato dalla fortuna che tanta bellezza musicale avrebbe meritato. Cantautorato deandreiano in chiave 2.0, per essere sintetici. O ascoltate Eco di Elisa Rossi, la sua I Giganti, lo dico senza se e senza ma, in un mondo non dico giusto, ma normale, sarebbe contesa dai brand per diventare musica da associare al loro prodotto di punta, hit potenziale e potentissima. Ascoltatevi Di imperfezione di Serena Abrami, cantautrice colta e raffinata che riesce nella ardua impresa di coniugare una scrittura perfettamente immersa nella nostra tradizione cantautorale con sonorità contemporanee e internazionali. Ascoltatevi Stereocosmica di Ivana Gatti con Lo Zoo di Berlino, un progetto adulto e alto frutto di questo duello/scontro di punti di vista, femminile e maschile, difficilmente catalogabile come genere ma sicuramente capace di regalare qualcosa di nuovo e buono a ogni ascolto. Andate a prendervi L’oscurità di Guillaume di Roberta Giallo, il suo modo sghembo di cantare sulle sue armonie pianistiche, cantautorato classico, cantautorato nuovo, soprattutto cantautorato femminile e originale, che gioca sia sulla tragedia che sull’ironia. Come sui toni e sui colori gioca Mimosa Campironi nel suo La terza guerra, per dirla con un commento sotto un suo video: se non vi piace la sua musica (dico io, così teatrale e enfatica, carica e vivida) vi meritate che al vostro funerale suonino Andiamo a comandare di Rovazzi. Andatevi a ascoltare la cccpiana (si dice così di chi riesce a ricreare la potenza anarchica e mistica dei CCCP?) I Barbari di Sarah Stride, o la perfetta poesia in chiave post-rock di Ormai ho deciso di Katres, una canzone che ci fa capire quanto oggi ci manchi la Cristina Donà di Tregua e Nido e di come forse potrebbe non doverci mancare più a breve. Insomma. Avete capito, c’è molta musica da ascoltare, molta musica bella da ascoltare. Molta musica nuova, che si muove dalla necessità di comunicare e di comunicare secondo strade non battute e senza tenere troppo conto del mercato o del dopato, fate voi. C’è molto e da pochi giorni c’è anche un modo semplice, che vi racconto contravvenendo a un must del giornalismo, perché non sono un giornalista, perché non traggo profitto da quanto sto per dirvi e perché quanto sto per dirvi mi vede solo in veste di padrone di casa, ma di quei padroni di casa che vi lasciano casa loro, facendovi trovare le chiavi nascoste sotto lo zerbino o dentro il vaso di gerani.
Dal 20 luglio, infatti, la mia pagina pubblica di Facebook ospita un evento estemporaneo che si chiama il Festivalino di Anatomia Femminile. Ogni giorno all’ora dell’aperitivo, verso le 18 e 30, dal lunedì al venerdì, viene pubblicato un video fatto ad hoc da una delle cantautrici sopra citate e da molte altre. Un video di uno, due, massimo tre minuti. Un video nel quale la cantautrice in questione usa il mio Facebook come un palco, esegue una sua versione live di un proprio brano, in versione mignon. Ogni giorno un video. Ogni giorno una cantautrice. Doveva essere un modo per farmi da parte e lasciare che lo spazio solitamente occupato da parole dure, a volte feroci, venisse occupato da belle canzoni. La adesione da parte delle cantautrici, le proposte anche da parte di cantautrici che ancora non conoscevo ma che si stanno dimostrando interessantissime, è tale che il Festivalino potrà andare avanti a lungo, anche quando io tornerò a scrivere e a colpire il brutto.
La musica bella c’è e oggi è un po’ più facile andarla a cercare.